LA CITTA’, LUOGO DELL’UNITA’ E DELLA PACE
La città (Gerusalemme): il luogo dell’unità
del popolo
Apocalisse, il libro della città
“La grande città”: quale profezia?
L’annuncio profetico dell’Apocalisse, questa visione così luminosa e
avvincente può dire qualcosa di concreto per il nostro tempo? Vorrei trarre una
risposta in forma di conclusione con un accenno a quanto viene raccontato nel
libro di Giona, un profeta inviato a una “grande città”. Come cambiare la
città? E’ possibile anche per noi? Giona lo riteneva possibile – e ne vedremo
il motivo -, ma non si volle assumere questo compito e fuggì per paura. Perché?
Direi che la fuga di Giona è comprensibile e si potrebbe dire anche
giustificabile. Nell’immaginario dell’Israele del tempo dopo l’esilio Ninive
era il simbolo del nemico peggiore, responsabile della distruzione del Regno
del Nord, simbolo di un grande impero ricco, conquistatore e violento, una
potenza invincibile. Siamo nel periodo dopo l’esilio a Babilonia, tempo in cui
Israele vive in un minuscolo territorio dentro il grande impero persiano in una
cultura ellenista sempre più dominante nel Vicino Oriente Antico (siamo
probabilmente nel IV secolo). Il libro di Giona infatti non è escluso che fosse
originariamente la conclusione del Rotolo dei Dodici profeti, quelli che noi
chiamiamo i Profeti Minori, come si potrebbe dedurre da una certa tradizione
manoscritta rinvenuta a Qumran, perciò l’ultimo della raccolta dei libri
profetici, i nebi’im in ebraico.
Quindi il libro in qualche modo si pone come una domanda conclusiva sul valore
della parola profetica, della parola di Dio, in un mondo altro, una cultura
estranea, globale, pervasiva, che si muoveva tra la Persia e la Grecia in tutto
il Vicino Oriente Antico e sui paesi delle sponde del Mediterraneo.
Che cosa doveva fare Giona? Semplicemente
annunciare la fine di quella città, svelare cioè il male che era in essa:
“Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. Niente di nuovo per un profeta davanti a una
città nemica. Ma c’era una differenza: Giona non si doveva limitare ad
annunciare come altri profeti (vedi Nahum) la distruzione di Ninive, doveva
andarci, parlare con la gente, percorrere tutta la città. Bella impresa! Sembra
dirci il libro che Dio chieda che non basta denunciare, bisogna andare,
incontrare, parlare, percorrere le strade degli uomini per fare venire il male
alla luce, alla coscienza, perché ci possa essere una possibilità di cambiamento.
Si legge: “Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino.
Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava:
“Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. Infatti la reazione dei
Niniviti è immediata: “Credettero in Dio e bandirono un digiuno, vestirono di
sacco, grandi e piccoli”. Giona semplicemente fa quello che il Signore gli ha
chiesto, percorre la città, ancora non è a metà, parla, e gli abitanti
ascoltano. Questa è la prima risposta al male, alla violenza, all’ingiustizia:
non rassegnarsi, non chiudersi nel pessimismo, nell’idea che tanto il mondo non
può cambiare, non avere paura, accettare l’invito ad essere profeti non
proclamando dogmi o verità, bensì andando in mezzo alla gente. Giona andò e la
parola di Dio compì il miracolo del cambiamento di una realtà desinata alla
fine.
Di che cosa non si fidava Giona? In verità a Giona non importava della
conversione di Ninive, anzi non aveva nessuna intenzione di renderla possibile.
Come poteva sperare che un grande nemico potesse avere anche solo una
possibilità di sopravvivere dopo tutto il male che aveva commesso? Non avevano
già annunciato i profeti prima di lui che Dio l’avrebbe distrutta? Perché darsi
ancora pena per quella grande e terribile città? E poi Giona ha un dubbio e un
presentimento: non è che il Signore cambia idea e invece di distruggere la
città, la salva? In realtà è proprio
questo il problema di Giona, che egli stesso esprime dopo che Dio ha cambiato
la sua decisione a causa del cambiamento degli abitanti. “Giona ne provò grande
dispiacere e se ne ebbe a male. Pregò il Signore: Signore, non era forse questo
che dicevo quand’ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a
Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di
grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore,
toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere”. L’eccesso di
misericordia di Dio non piace neppure al profeta, non piace neppure a volta ai
cristiani del nostro tempo. Ma la profezia di Gesù nella sinagoga di Nazareth
fu chiara: il suo Vangelo, la sua buona notizia, quale era stata annunciata nel
libro di Isaia, era per i poveri e gli ultimi e per questo non poteva che
essere solo “grazia”. Gesù tronca infatti il versetto di Isaia, che concludeva
dicendo “un giorno di vendetta per il nostro Dio”. La “grazia” la misericordia
verso tutti, a partire dai poveri, è la profezia di Gesù anche per il nostro
tempo, quello che Giona temeva, ma che si presentava essere ciò che il suo Dio
avrebbe voluto perché la parola di Dio avesse ancora un valore e un senso in
quel mondo globalizzato. Ecco almeno una parte della profezia dei cristiani
anche per il nostro tempo, tempo di vendette, violenze fisiche e verbali, di
odio e di inimicizie. C’è proprio bisogno di quella parola nelle nostre città
perché sia possibile il cambiamento e un futuro dove si possa vivere insieme,
gli uni con gli altri nell’unità e nella condivisione.
Nella Bibbia si custodisce il desiderio del popolo non del deserto ma della terra, della città!
RispondiEliminaLa conquista è della città!
Città luogo di giustizia e pace
RispondiEliminama anche di violenza
La città si trasforma e si deforma quando vive ingiustizia nei confronti dei poveri!
RispondiEliminaNon siamo abituati alla profezia sulla città... Eppure l'Apocalisse è tutta una grande profezia sulla città, Babilonia e Gerusalemme... La lettera alle sette Chiese.
RispondiEliminaCome realizzare la profezia?
RispondiEliminaDio manda Giona nella grande città,
Ninive, la peggior nemica!
Gli estranei (i marinai) chiedono di pregare il suo Dio.
La sfida della città è la sfida della misericordia!